La memoria dell'acqua di Emmi Itäranta

Scritto da AmanteDiLibri - 21 maggio

Buongiorno lettori!
Vi avevo già accennato all'uscita di questo romanzo e quest'oggi vi propongo invece una recensione in anteprima.
Gia da ora posso dirvi che questo romanzo non incontrerà il favore di tutti i lettori ma per me è entrato nella classifica dei migliori libri 2015 e con estrema difficoltà verrà scalzato dalle prime posizioni!

Titolo originale: Teemestarin kirja
Genere: Distopico, Fantascienza
Editore: Frassinelli
Data di pubblicazione: 26 Maggio 2015
N°pagine: 281
Trama: Noria è nata in una famiglia di maestri del tè e sa che è giunto il momento di apprenderne i riti e le tradizioni. Sa anche che nel mondo in cui l’umanità è costretta a vivere – un futuro non lontano, in cui la terra non è che un arido paesaggio bruciato dal sole, desolato e arso – il segreto che la sua famiglia custodisce è ancora più importante. Perché solo i maestri del tè conoscono l’ubicazione di sorgenti segrete dell’ormai ridottissima e sempre più preziosa risorsa, l’acqua. Sorgenti sconosciute perfino al regime del Nuovo Qian, che domina l’Unione Scandinava e ne amministra con la violenza e il pugno di ferro le poche ricchezze rimaste. Ma i segreti, specie in un mondo disperato, non restano tali a lungo. E Noria, dopo la morte del padre, si troverà costretta a scegliere se conservare quel segreto, o tradire la sua famiglia per il bene comune, e perdere tutto ciò che le generazioni passate le hanno trasmesso.
Ci sono talmente tante cose da dire su questo libro che sicuramente una o due le dimenticherò. Di questo mi scuso già adesso.
La memoria dell'acqua è caratterizzata dalla storia, forse dall'evoluzione classica, ma che grazie all'ambientazione (un mix di Giappone, Paesi del Nord e un piccolo villaggio) ha una forza, quel qualcosa in più che spesso manca ai classici distopici a cui siamo abituati.
C'è poi la denuncia al nostro modo di sfruttare la terra, l'acqua e quel che ci circonda. Nel mondo immaginato da Emmi Itäranta dopo gli sconvolgimenti climatici, gli innalzamenti precipitosi delle acque e delle guerre per il petrolio che hanno distrutto gran parte delle fonti d'acqua dolce il mondo ha dovuto imparare a sopravvivere in modo nuovo, facendo i conti con il clima sempre più torrido e il razionamento dell'acqua da parte di un governo militare.
E infine c'è l'acqua. Le descrizioni che la coinvolgono, in tutte le sue forme, in questo romanzo sono vero poesia. Senti lo scorrere dell'acqua sulla pietra, il picchiettio della pioggia sui vetri, il gusto del tè sulla lingua, il freddo e il bianco abbagliante della neve sulla pelle. E senti il legame tra l'acqua e la vita.
Noira è figlia del Maestro del tè di un piccolo paese dell'Unione Scandinava. Il ruolo di suo padre è avvolto di tradizioni e mistero: i maestri non sono solo cerimonieri ma sono anche i guardiani dell'acqua, intorno ad essa gira la loro vita.
Questo permette alla famiglia di Noira di avere qualche privilegio in più - più razioni d'acqua, una dimora più agiata - ma non è solo questo che permette a maestro Kairo di mantenere il suo padiglione del tè e il suo giardino verde e non arido come ogni luogo sulla terra. Da generazioni la famiglia del maestro del tè nasconde un segreto, una sorgente d'acqua dolce non in mano ai militari.
Si dal prologo sono stata catturata tra le pagine di questo romanzo grazie ad uno stile poetico e avvolgente. Il ritmo de La memoria d'acqua ricorda il tranquillo scorrere di un ruscello che a tratti può essere frenato e placido o precipitare con forza, grazie alla costruzione della trama e l'abilità con le parole dell'autrice.
Sicuramente l'intero romanzo poteva essere arricchito qua e là con una maggiore spiegazione degli eventi passati, o la reale conformazione del nuovo mondo, spingessi oltre il piccolo villaggio di Noira. Questa sensazione di qualcosa che mancava tuttavia è arrivata solo dopo aver finito il romanzo, quando non volevo abbandonare Noira e il suo padiglione del tè: prima era stato solo un pensiero fugace che appariva quando accennava dei tempi passati.
E per concludere una nota che vi invito a non leggere se non volete rovinarvi il finale. Se come me amate sapere se c'è un lieto fine oppure no proseguite la lettura altrimenti sappiate che questo romanzo merita e merita davvero.
Il finale per me è stato un pugno nello stomaco, che mi ha tolto un respiro che adesso ancora non riesco a riprendere. Fino all'ultimo, mentre le pagine che mi separavano con l'ultima si assottigliavano sempre di più, ho sperato con tutto il cuore che la sorte di Noira cambiasse, che tutto non stesse puntando in quella direzione ovvia capace di farmi disperare.
Questa conclusione (unita al piccolo appunto sulla poca descrizione dei tempi passati e del regime attuale) ha fatto perdere mezza stellina al romanzo, che malgrado ciò, resterà tra le migliori letture dell'anno e probabilmente non solo.
Non dovrete aspettarvi dunque da questo romanzo la classica storia con protagonista ed eroe che salvano il mondo o si lasciano alle spalle tutto quanto per unirsi alla resistenza. No, questa è la storia dell'acqua e di una ragazza che cercò di salvarla. E della sorgente che toccò la sua vita.


Ebbene sono riuscita a convincervi a dare una possibilità a questo romanzo? Non fatevi scoraggiare dalle stelline su Goodreads e credetemi quando vi dico che questa storia vi toccherà e vi coinvolgerà in maniera unica. Non è il classico distopico ma esce da una penna davvero eccezionale.
Per ispiravi ancora un po' vi lascio il prologo!
Prologo
Ormai tutto è pronto.
Ogni mattina, per sette settimane, ho spazzato le foglie secche dal vialetto che conduce al padiglione del tè, e per quarantanove volte ne ho raccolto un pugno che poi ho disseminato di nuovo sul lastricato, perché non avesse l'aria di essere tenuto fin troppo in ordine da mani umane. Era una delle cose su cui mio padre insisteva sempre.
Una volta Sanja mi ha detto che i morti non vogliono essere compiaciuti. Loro magari no. Forse sono io a volerlo. A volte non capisco la differenza. E come potrei, dal momento che sono nelle mie ossa e nel mio sangue, quando tutto ciò che di loro rimane è in me?
Per sette settimane non me la sono sentita di avvicinarmi alla sorgente. Ieri ho aperto il rubinetto e vi ho accostato l'otre. Le ho rivolto parole dolci e parole amare, e forse ho urlato e persino pianto, ma l'acqua non tiene in alcun conto le nostre sofferenze. Scorre senza rallentare o accelerare il suo corso nel buio della terra, dove la odono soltanto i sassi.
La conduttura ha concesso poche gocce, al massimo un cucchiaio d'acqua, al mio otre.
So che cosa vuol dire.
Questa mattina ho svuotato quanto restava dell'acqua dall'otre nel paiolo, ho portato torba secca dalla legnaia al padiglione del tè, e avvicinato l'accendino al focolare. Mi è venuto in mente mio padre, i cui voleri avevo infranto, e mia madre, che non aveva mai visto il giorno in cui ero diventata un maestro del tè.
Mi è tornata in mente Sanja. Speravo che fosse già lì dove io ero diretta.
Un'ospite, dal viso non ignoto, mi viene incontro per il vialetto, e mi porge una mano che mi affretto a stringere. La terra non gira più lenta o più veloce quando attraversiamo insieme il cancello.
Quel che resta è la luce sulla superficie dell'acqua, o un'ombra che si allontana.

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