La spada e la promessa di Jacqueline Carey

Scritto da AmanteDiLibri - 20 febbraio

Titolo originale: Kushiel's Mercy

Editore: Nord
Data pubblicazione: 8 Febbraio 2012
N° pagine: 378
ISBN: 9788842918233
Trama: Rimasta vittima di un potente sortilegio, la principessa Sidonie ha dimenticato il suo amore per Imriel de La Courcel e ha accettato di sposare Astegal, sovrano di Cartagine. Disperato, Imriel è pronto a tutto pur di riconquistarla, ma è altresì consapevole che, se solo osasse avvicinarsi al palazzo reale, sarebbe certamente ucciso. Esiste un unico modo per ingannare le guardie e poter così raggiungere la principessa: lanciare su di sé un pericoloso incantesimo e assumere una nuova identità, sebbene ciò significhi anche cancellare la propria memoria. Coi ricordi e con l'aspetto di Leander Maignard, affascinante cortigiano della remota isola di Cythera, Imriel entra quindi nelle grazie del sovrano e riesce a farsi nominare consigliere personale di Sidonie. Ai due giovani bastano pochi giorni per innamorarsi di nuovo e, non appena si scambiano il primo bacio, gli effetti della magia svaniscono insieme con l'amnesia che li aveva colpiti. Purtroppo, però, tutta Terre D'Ange è ancora sotto l'influenza di Astegal. Imriel e Sidonie si mettono dunque in viaggio verso casa; ma, per liberare il regno dal giogo cartaginese, dovranno combattere contro le persone che amano di più al mondo: la regina Ysandre, Joscelin e Phèdre nó Delaunay...

Voto:

Si è conclusa anche la trilogia di Imriel. È infatti uscito da poco l'ultimo capitolo delle sue avventure. Ne "Il bacio e il sortilegio" avevamo lasciato Imriel alle prese con un incantesimo che avvolgeva Terre d'Ange e aveva portato Sidonie nel letto di Astegal, il principe di Cartagine, come sua moglie. Il nostro eroe, unico tra gli abitanti della citta di Elua a sapere cosa realmente è accaduto si è imbarcato alla volta di Cythera, per cercare l'aiuto di Ptolemy Solon e sua madre.
Come accaduto per i libri che vedevano protagonista Phedre, l'ultimo volume - e in questo caso intendendo Kushiel's Mercy di cui "La spada e la promessa" è solo la seconda parte - è, dal mio punto di vista, quello più "pregno" di magia. Se infatti negli altri c'era sempre un elemento magico qua e la, qui l'intera storia è basata sulla magia... Non so se sono riuscita a spiegare quello che intendo, ma spero di si.
Ma vediamo in particolare questo volume. Tra i due libri che compongono l'originale terzo volume questo libro è quello di maggiore azione: colpi di scena, risoluzioni ed eventi si susseguono con un ritmo abbastanza serrato, intervallato con pochi momenti di stasi (stasi, è il termine giusto per voi?) che invece avevano cateterizzato di più Il bacio e il sortilegio, malgrado i grandi avvenimenti, per non parlare de seconda parte di Kushiel’s Justice, La sposa e la vendetta, che secondo me è il libro più lento dei sei (scegliete voi se per sei preferite contare i volumi inglesi, o quelli di Imriel italiani).

Parliamo poi della traduzione. Sicuramente l'ho già detto ma per sicurezza ribadisco il concetto: quando ha aperto per la prima volta il trono e la stirpe la sensazione che mi ha suscitato è stato disappunto, enorme disappunto, anche se sapevo già che il traduttore era cambiato e sapevo che lo stile era cambiato. Se lo stile di Elisa Villa era ricercato, vellutato, "arabescato", che - può sembrare strano - mi ha sempre ricordato del broccato, quello di Gianluigi Zuddas - che quando aveva va preso l'incarico della trilogia di Imriel mi aveva trovato su anobii perché avevo cercato di tradurre da me Kushiel's Scion - è più... Lapidario. So che non è esatta come definizione ma rapportato allo stile precedente rende l'idea. Tutto questo discorso per dire che il disappunto è scomparso e per dire che ho cambiato drasticamente opinione: lo stile della traduzione di Zuddas si adatta molto meglio a un libro raccontanto da un personaggio maschile, con una vita segnata da quello che è e da quello che ha subito nella zenana, e non è possibile immaginare le avventure di Imriel narrate nello stesso modo in cui lo sono state quelle di phedre.

Concludo consigliandovi per l'ennesima volta questi libri, che possono essere ostici all'inizio ma poi creano un mondo assolutamente fantastico, sperando che la nord decida di portare in Italia anche la terza trilogia che, per quando, diversa chiude un ciclo e Jacqueline Carey prima o poi ci regali altre storie, legate o no, lunghe o corte, a terre d'ange e ai personaggi che abbiamo amato.

2 Commenti

  1. Amante,
    Ti ringrazio della recensione. Penso che il terzo romanzo della trilogia di Imriel sia appassionante, ed è stato bello tradurlo.
    In anteprima ti do la notizia che la Nord pubblicherà presto anche la trilogia di Moirin. Mi spiace doverlo dire, ma anche questi romanzi saranno divisi in due, e quindi diventeranno sei. Ho già mandato alla casa editrice la traduzione del primo.
    Una cosa vorrei precisarla, circa lo stile delle traduzioni. Buona parte del cambiamento di stile che si osserva tra la trilogia di Phèdre e quella – successiva – di Imriel, non si deve al fatto che è cambiato il traduttore, né al fatto che J. Carey ha voluto cambiare il suo stile per adattarlo meglio a un protagonista maschio. Studiando i testi in lingua originale delle tre trilogie, io ho visto un cambiamento graduale dello stile dell'autrice, che pian piano sposta la sua attenzione dalla costruzione del personaggio alla costruzione della vicenda. Questa sua voglia di catturare meglio l'interesse del lettore ha come conseguenza anche una modifica nella costruzione stilistica.
    Ti faccio un esempio: nel primo libro della trilogia di Phèdre si leggono frasi come questa (quando Phèdre descrive la macchia nel suo occhio): «Rosso, per quanto dire "rosso" non sia sufficiente a descriverne la brillantezza: meglio definirlo scarlatto o cremisi, più rosso dei bargigli di un galletto o della mela glassata in bocca a un maialino arrosto».
    Questo genere di similitudini barocche, forse perfino un po' ridicole, è del tutto assente nella trilogia di Imriel, e la tendenza si accentua ancor di più nella trilogia di Moirin. A metà della trilogia di Imriel questo cambiamento di tendenza è nitido: Imriel smette di essere un personaggio riflessivo e introverso, che continua a piangersi addosso, per diventare un vero personaggio d'azione. Anche Phèdre era molto ripiegata su se stessa, quando addirittura non sembrava dire al lettore tra le righe "Guardate quanto sono saggia. Guardate quanto sono intelligente". Abbandonata così questa eccessiva attenzione al personaggio, la capacità narrativa di J. Carey esplode nell'ultimo romanzo della trilogia di Imriel, che a mio avviso è finalmente di forte presa emozionale.
    Dunque, con Moirin come protagonista la Carey non torna affatto a uno stile che ricorda quello della trilogia di Phèdre. Moirin è diversa da Phèdre, perché ormai J. Carey a questo punto è diventata una scrittrice diversa da ciò che era prima. E questa sua voglia di cambiare è stata evidente anche a chi ha letto "Santa Olivia".

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  2. Ti ringrazio per la notizia sulla trilogia di Moirin e per le precisazioni sulla traduzione. Spero di non aver fatto un "torto" a te o a qualcun altro paragonando i due stili di traduzione: intuivo che un cambio di stile ci fosse stato prima di tutto nella scrittura dell'autrice ma ritengo che in qualche modo anche il cambio di traduttore abbia influenzato il risultato del libro italiano. Questa è solo l'opinione di una ragazza che ringrazia enormemente te, Elisa Villa e la casa editrice Nord per aver portato in Italia Jacqueline Carey e per continuare a farlo!
    Per quanto riguarda Santa Olivia non ho ancora provato a cimentarmi, ma sicuramente ora sono molto più curiosa.
    Ti ringrazio ancora per la possibilità che ci dai con le tue traduzioni e attenderò con ansia notizie per i nuovi libri!

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