Un incantevole imprevisto di Marianne Kavanagh

Scritto da AmanteDiLibri - 19 maggio

Buongiorno lettori, sta purtroppo per iniziare il periodo in cui sparisco causa esami e quest'anno, molto più degli scorsi, mi dispiace un sacco, e spero quindi di finire presto. Anche perché a breve scoprirete cosa ho in serbo per voi!
Ma parliamo di qualche novità: tra pochi giorni arriverà in libreria un romanzo che vi conquisterà se avete un animo romantico e cercate l'anima gemella.
Non lasciatevelo sfuggire!

Titolo originale: For Once in my Life
Editore: Garzanti
Data di pubblicazione: 22 Maggio 2014
N°pagine: 320
Trama: Tess crede nell’anima gemella. Crede che due persone siano predestinate a stare insieme e solo allora possano essere davvero felici. E anche se ha solamente venticinque anni è sicura di aver trovato la sua metà, l’incastro perfetto per il suo cuore di sognatrice: il suo fidanzato è tutto quello che ogni donna potrebbe desiderare.Ma secondo la sua migliore amica Kristy, che la conosce come nessun altro, non è l’uomo giusto. Lei non ha dubbi su chi sia la vera anima gemella di Tess. È George, un ragazzo dallo spirito inquieto che vive per la sua musica e ha un cassetto pieno di idee da realizzare. Solo che George e Tess non si conoscono. Kristy fa di tutto per farli incontrare. Ad ogni occasione i due sono sempre più ad un passo l’uno dall’altro: nello stesso locale, allo stesso concerto, allo stesso matrimonio. Eppure una serie di imprevisti li allontana, e il fatidico momento sembra non arrivare mai. Fino al giorno in cui, per caso, finalmente le loro strade si incrociano. E non c’è bisogno di nessuna parola, di nessun gesto. Quando è scritto nelle stelle basta uno sguardo per riconoscersi. Ma ci sono ancora molti ostacoli a dividerli. Ora spetta a Tess e George trovare il modo di difendere quello che hanno di più prezioso: un amore magico baciato dal destino.
Ho iniziato la lettura incuriosita dalla trama. Il mio animo romantico si è subito sentito attratto da questo romanzo e già la prima sera avevo letto il primo centinaio di pagine.
Un incantevole imprevisto non è il classico romanzo d'amore e romantico, per buona meta della storia seguiamo le vite di Tess e George e i mille istanti che li portano a sfiorarsi senza mai incontrarsi.
Dopo l'università Tess è andata a vivere con la sua migliore amica Kristy, che non approvando il suo fidanzato, tenta ogni volta di organizzarle un incontro con George, è la sua anima gemella le dice. E tra un lavoro occasionale e l'altro cerca di convincerla a lasciare il suo al custumer service della Daisy Greenleaf.
Perché oltre ad amare ed indossare splendidi abiti vintage degli anni quaranta il sogno Tess è aprire un negozio che li venda.
George invece non vuole rinunciare al suo sogno di sfondare con la band, ma i problemi si accumulano uno sull'altro e non sembra esserci futuro.
Mi hai detto che non esiste una seconda possibilità. Tutti dicono che ci sia, ma non è vero.
Gli anni passano e le occasioni per incontrarsi per Tess e George si susseguono finché le loro vite non si allontano talmente tanto che ogni possibilità sembra svanita. Entrambi, travolti dalle loro scelte e da dove la vita li ha portati, si chiedono se davvero desideravo quel destino e se le seconde possibilità esistono.
Voi credete nel destino?
Tess e George si incontrano, per caso, senza che fosse programmato e questo cambierà la loro vita.
Non vi svelerò come finisce perché credo che questo romanzo possa essere perfetto per farvi rapire e ridarvi magari la voglia di lottare per ciò che desiderate con tutto il cuore… e seguire il vostro destino.
La scrittura di Marianne Kavanagh è leggera e coinvolgente e ho amato leggere le sue parole. Mi è mancato un po' il romanticismo nella prima parte quindi, se cercate una classica storia d'amore non è il primo libro che vi consiglierei ma vale davvero la pena dagli una possibilità!


Aspetterò di sentire le vostre opinioni in merito!
E si sotto vi lascio un piccolo estratto del primo capitolo per incuriosirvi!


2002

     Oxford Street non si era ancora svegliata. Era a letto con i postumi di una sbronza e il trucco sfatto della sera prima. I negozi erano tutti chiusi. In giro c’erano un piccione che beccava un sacchetto di carta, un uomo con un secchio giallo pieno di acqua saponata e alcuni impiegati con gli auricolari. Erano le otto e mezzo di un venerdì mattina e faceva freddissimo. Il sole si era fermato a Soho.
     Poi un corpo la urtò. La urtò con una forza tale che, per un attimo, si domandò se fosse andata a sbattere contro un muro. Nello stesso istante, si rese conto che il corpo che le era crollato addosso all’improvviso era la donna con il rossetto rosso e gli orecchini che, qualche secondo prima, camminava verso di lei, con un ticchettio di tacchi sul marciapiede. Barcollò all’indietro, assorbendo il peso, poi qualcuno urlò: «Ehi!». Lei sentì in bocca i capelli ispidi della donna e una fitta dolorosa nel fianco. A quel punto la donna gridò: «La mia borsa!». Tess, da brava londinese, provò un tuffo al cuore e si concentrò – anche se aveva le braccia piene di poliestere nero e odore di lacca – sull’uomo piccolo e magro che si allontanava correndo per la strada, infilandosi poi in una via laterale. Lo tallonava, in un folle inseguimento, un altro uomo – piuttosto giovane, altezza media, con una giacca di pelle marrone – appena scomparso dalla visuale, ingoiato dalla stessa curva cieca. Quindi più niente: solo una strada quasi deserta, con pochi passanti che lanciavano veloci occhiate furtive nella loro direzione e distoglievano rapidi lo sguardo.
     Rafforzò la stretta sulla donna, in una specie di abbraccio disperato. Questa emise un debole miagolio di sconforto e disse: «Mi ha preso la borsa».
     Tess, lasciandola andare, rispose: «Penso che qualcuno lo stesse inseguendo». Ma sapevano entrambe, lì in piedi di primo mattino in una strada poco illuminata del sudicio West End, che la borsa era perduta per sempre. «Sta bene?» chiese Tess.
     La donna annuì. Ma aveva il rossetto sbavato e gli occhi, con le ciglia allungate dal mascara nero, pieni di lacrime. Aveva rughe sottili intorno alla bocca come se avesse (o avesse avuto in passato) il vizio di fumare.
     «Devo chiamare la polizia?»
     La donna scosse la testa. «Ce l’ho avuta solo per pochi minuti. Era un regalo. Di compleanno.»
     «Ha subito un terribile shock. Posso offrirle una tazza di tè?»
     Ma la donna rispose: «No, stia tranquilla. Devo andare a lavorare. Sono già in ritardo».
     Tess provò un senso di disperazione come se fosse lei a essere stata spinta, umiliata e derubata. «Mi dispiace tantissimo.»
     «Più che altro è il tempo che si perde. Bloccare tutte le carte di credito, rifare le chiavi, comprare nuovi trucchi. Vorrei che mi avesse chiesto direttamente i soldi. Glieli avrei dati. Tanto è il denaro che vogliono.»
     «Penso che lei dovrebbe comunque denunciare il furto», disse Tess. «Nel caso quell’uomo riesca a raggiungerlo e a recuperare la borsa.»
     La donna guardò in fondo alla strada quasi avesse la vaga speranza di vederli ancora: il rapinatore piccolo e magro e l’uomo con la giacca di pelle marrone. «Non lo raggiungerà», disse in tono amareggiato. «A meno che non sia il velocista Linford Christie.»
     Il sole, raggirando il cemento, emerse da dietro gli edifici e cominciò a splendere sui vetri sporchi delle vetrine dei negozi. Oxford Street si stava svegliando.

***

     Da qualche parte intorno a Wardour Street, George ammise la sconfitta. Rimase lì immobile, il cuore in gola, le orecchie tappate, i battiti a mille, a riempirsi i polmoni di enormi boccate d’aria. Provava una strana sensazione, un misto di vergogna, collera ed euforia. Si sentiva molto accaldato. Era da tanto che non correva così veloce, o così lontano. Rincorrere il ladro era stato un impulso istintivo, una reazione alla rabbia che gli era venuta vedendo la donna cadere, spintonata a terra.
     Mentre aspettava che il battito tornasse normale, George si domandò se fosse il caso di tornare in Oxford Street per raccontare alla donna cos’era successo. “Mi dispiace. L’ho rincorso per un bel pezzo ma è riuscito a scappare. Si è nascosto dietro un furgone e l’ho perso di vista.” Ma l’avrebbe trovata ancora là? Non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Di certo se n’era già andata.
     Forse sarebbe dovuto restare sul luogo dello scippo. Poteva essere un testimone. “Alto circa un metro e sessantacinque, magrissimo, capelli scuri, quattordici anni, forse quindici, bianco, nessun segno particolare.” Avrebbe potuto essere d’aiuto? “Sarebbe in grado di riconoscerlo, signore?” Per un breve istante di lucidità, George ne fu sicuro al cento per cento. Poi, velocemente, si rese conto che di certo non ci sarebbe riuscito.
     Mentre se ne stava lì in piedi avvolto da un aroma di zucchero vanigliato, caffè e latte caldo, che arrivava dal bar italiano alle sue spalle, George provò un senso di sconforto. Era qualcosa di familiare che calava su di lui, come un cappotto pesante, ogni volta che veniva strappato ai suoi pensieri (una colonna sonora continua) ed era costretto ad affrontare la realtà. Spesso gli succedeva in quel momento della giornata. Non era solo a causa dei rapinatori, o della violenza casuale di una città piena di stranieri. E nemmeno del caos sconcertante che lo seguiva dovunque lui andasse: chiavi perse, calze spaiate, latte scaduto, conti in rosso, carte di credito che non funzionavano e password dimenticate, una massa brulicante e sfuggente come scarafaggi in una cantina buia, che si riescono a vedere solo per un attimo raccapricciante quando si accende la luce.
     No, era qualcosa di molto peggio. Era la crescente convinzione di essersi incasinato completamente la vita, di essere un fallito, di aver preso a un certo punto della strada il sentiero sbagliato – o la decisione sbagliata – e di trovarsi davanti a un muro, a un vicolo cieco. Era lo sconforto che lo sopraffaceva ogni volta che si trovava nel bel mezzo di Soho e si rendeva conto che era il 2002, aveva finito l’università da quasi cinque anni e stava facendo lo stesso lavoro provvisorio e di ripiego che faceva da quando se n’era andato via da Manchester: un lavoro che aveva accettato solo per pagare le bollette in attesa che la band decollasse.
     La band, però, non era decollata. E il lavoro temporaneo d’un tratto sembrava molto permanente.
     George rimase lì immobile, confuso. Ma qual era la soluzione? Suo padre diceva sempre: «Potevo scegliere tra la musica e medicina». “Bene”, pensò George, “io potevo scegliere tra la musica e la musica.” Come aveva detto una volta il suo eroe Thelonious Monk: è quello che ho sempre voluto fare. Negli ultimi tempi le cose erano persino peggiorate. “Adesso”, pensò George, “posso scegliere tra continuare o smettere. Smettere sembra una scelta allettante. Basta dare retta a tutti i pensieri che hai cercato di mettere a tacere: non sfonderò mai, c’è troppa competizione, non ha senso. Ma se non suono, non ha comunque senso. Che alternative mi restano, allora?”
     Intorno a lui passavano, acceleravano e frenavano le bici, i furgoni e i taxi di Soho.
     Dopo un po’, dato che quei pensieri non lo portavano da nessuna parte, George fece un bel respiro, piegò la testa da un lato e dall’altro per allentare la tensione nel collo e andò al lavoro.
     Arrivò presto al negozio. D’altra parte di solito non faceva di corsa metà strada da Oxford Circus. Rajesh scese per farlo entrare. Dentro c’era buio perché nessuno aveva ancora aperto le imposte di sicurezza. «Tutto bene?» chiese Rajesh e George annuì, anche se sentiva le gambe ancora un po’ instabili, come elastici molli. «Chi c’è oggi?» chiese, e Rajesh rispose: «Freya, Vince e Carmel». George, mentre appendeva il cappotto, si sentì risollevato. Dopotutto la giornata non sarebbe andata tanto male. Freya si intendeva solo di violini, ma Vince suonava le tastiere come Art Tatum.
     Accese la luce più vicina e d’un tratto tutte le chitarre appese alla parete di fondo brillarono d’oro come i piatti di una batteria.


1 Commenti

  1. Complimenti per la bellissima recensione!Questo romanzo mi ispira molto, penso proprio che lo leggerò!

    A presto,
    Michela

    RispondiElimina

Se non volete lasciare un commento ma il post vi è stato utile… schiacciate G+ e condividete il post <3