Spazio Italia #10

Scritto da AmanteDiLibri - 07 ottobre

Esiste modo migliore per iniziare la settimana se non con un buon libro? Io non credo!
Oggi, quindi, vi propongo un Dark Romance tutto italiano scritto a due mani da Chiara Bianca D’Oria e Marika Cavaletto.
Pronti a scoprirlo?

Serie: Lithium, n°1
Editore: narcissus.me
N°pagine: 467
Trama: Il Destino regola inevitabilmente le nostre vite, intrecciandole, sovrapponendole e poi strappandole senza pietà. Questa è la storia di Mya e Chrissie, due ragazze che lasciano l'Italia per studiare all'estero, due ragazze che scappano da un passato impossibile da dimenticare. Fuggono, si nascondono, ma il Destino le travolge ancora, rinchiudendole in una realtà da incubo, una realtà dove i mostri sono reali e non solo ricordi insistenti. Un Dark Fantasy che lega le vite di diverse persone alla ricerca della loro strada, in un mondo irreale, governato da un'entità incurante. Perché il Destino ci ama e ci odia con la stessa intensità, ma a noi, povere pedine del suo folle piano, l'odio sembra prevalere.
Se siete curiosi, qui sotto troverete il prologo del romanzo e qui anche il primo capitolo!

Prologo

...So che non troverai mai queste pagine ingiallite dal tempo, contenenti le mie memorie, i ricordi di una vita che nulla ha significato se non dal giorno in cui Dio ti ha fatta apparire ai miei occhi; dal giorno in cui una profezia mi ha permesso di conoscere il significato e il valore del mio gesto. Ho finalmente trovato il coraggio di pensare liberamente a te, di ammettere questo mio sentimento e di sperare d'aiutarti ancora, ancora per un'ultima volta, nella battaglia più importante della tua vita.
La certezza di conservare questo tuo segreto fino alla fine mi da la forza di abbandonare questa vita, mi da la forza di abbandonarti, rendendoti libera di continuare il tuo viaggio...

25 Luglio 1357

... Per non dimenticare.
La storia della nostra razza è sempre stata un susseguirsi di battaglie e tradimenti, alleanze e decisioni, a volte sbagliate a volte giuste, un susseguirsi di morti dettate dal desiderio di supremazia che possiede l'uomo nel tentar di prevalere su altre genti e su altre specie. Tutto ebbe inizio nell'Antico Egitto, quando la virtù umana era ancora offuscata dalla venerazione di falsi Dei. Solo allora venne scoperta la presenza di un essere dannato, oscuro, un non-morto venuto dall'Inferno a punire il genere umano per la sua sete di potere. Ed è appunto di sete che si parla, una sete differente, una sete disumana...
L'origine di questo Male era ignota; troppo tempo era passato dalla sua comparsa e nessuno poteva, o forse voleva, ricordare. Gli uomini non sapevano riconoscere tale creatura, la nominarono vampiro: il demone capace di succhiare l'essenza vitale umana.
Al calar della notte, quando quelle bestie riprendevano a calpestare queste terre, nessuno era al sicuro, e per quanto gli uomini tentassero di resister loro, essi sembravano invincibili. Quando ormai si era persa la speranza, quando ormai la fine sembrava vicina, non un soldato, ma un semplice uomo dell'Antica Persia riuscì a trovare l'arma in grado di porre un freno a tale minaccia. Con un solo paletto di legno, egli riuscì, centrando il cuore, ad uccidere un esemplare di vampiro. In seguito a questo evento, nacquero diverse credenze: alcuni in Grecia sostenevano che tale elemento fosse legato a certe loro divinità; i Celti al contrario lo consideravano un simbolo di forza, impiegandolo nella costruzione delle loro armi; infine, secondo la mitologia nordica, il legno rappresentava l'Albero del Mondo e quindi l'essenza della vita. Questo era il motivo per il quale, se un non-morto veniva trafitto nel cuore, motore e centro nevralgico dell'umana esistenza, da un paletto di legno, questi moriva definitivamente.
Nonostante questa scoperta, gli umani erano comunque troppo deboli, i vampiri troppo numerosi, e la lotta rimase impari.
Quando fu chiaro che le sole forze umane non sarebbero state sufficienti, si decise di fare ricorso alla magia. I sovrani dei principali regni si rivolsero allora agli stregoni, chiesero loro di aiutarli a creare un superuomo che fosse capace di debellare una volta per tutte la minaccia sovrannaturale. Molti di loro si rifiutarono; tale richiesta comportava uno sconvolgimento naturale che non avrebbero potuto accettare. Era contro le leggi delle magia modificare radicalmente l'equilibrio della vita e della morte, ma ciò non impedì ad Uno di assumere tale incarico. Spinto dal desiderio di vendetta verso coloro che avevano sterminato la sua famiglia, egli decise di ignorare le possibili conseguenze che tutto questo poteva causare. Venne ideato un incantesimo, il quale avrebbe alterato definitivamente la natura umana, elevandola ad uno stato superiore, nel quale qualità come la velocità, la forza, la vista e tutti gli altri sensi sarebbero stati eguagliati a quelli del nemico. A tale scopo, tre diversi tipi di sangue dovevano entrare in contatto, legarsi l'uno all'altro in un vincolo indissolubile. Il primo sarebbe stato quello del nemico, un sangue dal colore bluastro che avrebbe conferito alla nuova specie l'immortalità di cui i vampiri erano dotati. Il secondo, il più importante, sarebbe stato quello di un animale che perfettamente avrebbe soddisfatto i requisiti necessari: il lupo. Da sempre considerato simbolo di forza, astuzia e detentore di potere nella mitologia, esso era sovente manifestazione di antiche divinità ed eroi, i quali individuavano in quell'animale la quintessenza della vita. Infine, l'ultimo sangue versato sarebbe stato quello di colui che nel superuomo si sarebbe trasformato. I primi tentativi vennero effettuati su uomini non ritenuti tali. Schiavi? Malati? Non si sa, ma una cosa è certa: da quel giorno non furono più gli stessi. Per far sì che quel legame restasse inviolato, lo stregone si munì di un calice d'argento nel quale i tre tipi di sangue sarebbero stati mescolati. La scelta del più splendente dei metalli venne giustificata dal fatto che quest'ultimo, oltre ad essere un ottimo catalizzatore di energia, era indissolubilmente legato all'influsso lunare. Ciò risultò essere fondamentale, poiché il potere di un solo uomo, per quanto formidabile, non era sufficiente a effettuare il rituale, il quale richiedeva inevitabilmente l'influenza dei fenomeni celesti.
In una notte di plenilunio una decina di schiavi venne prelavata dalle loro celle e portata nel luogo in cui
l'incantesimo sarebbe avvenuto. Lo stregone pronunciò il sortilegio, quando la Luna era ormai alta in cielo. Dopo aver preparato il contenuto del calice, egli obbligò quelle persone a bere da esso e mentre i fluidi s'intrecciavano all'interno dei loro corpi, le loro fattezze presero a mutare. L'arma perfetta era stata creata.
I nuovi guerrieri sembravano invincibili. La notte non li offuscava, la stanchezza non li fermava, il dolore nulla poteva contro di loro. Ma inaspettatamente la situazione precipitò. Un mese era passato dal sortilegio e la luna piena era tornata ad illuminare la volta celeste. Fu solo quando un raggio di Luna colpì i loro volti, che le conseguenze di quello squilibrio naturale si manifestarono. I loro corpi presero a tremare, mentre urla di dolore invadevano il silenzio della notte. Già da tempo, essi non potevano più essere chiamati umani, ma in quell'oscurità le loro mostruose sembianze lo confermarono. Il sangue di animale, che avevano ingerito, provocò in loro quella mutazione: si trasformarono in enormi lupi, la cui insaziabile fame distrusse ogni briciolo di umanità che a loro era rimasta. Quella notte distrussero sette villaggi, uccidendo, straziando e massacrando intere popolazioni.
La mattina seguente i loro corpi erano tornati alle fattezze umane e non custodivano più alcun ricordo dello scempio commesso. Tornarono confusi alle loro case e sconvolti scoprirono cosa le bestie al loro interno erano capaci di fare. Con orrore crescente, videro i corpi mutilati dei loro familiari e le loro vite distrutte. Provarono a recarsi dal loro regnante, sperando di trovare in lui un aiuto, ma al contrario vennero accolti da un esercito, il cui unico scopo era quello di ucciderli. In quel momento si sentirono traditi, abbandonati da coloro che li avevano creati e nella disperazione, nella rabbia combatterono con ferocia fino a che l'ultimo soldato non fu sconfitto. Subito dopo partirono, lasciando le terre natali e per secoli vissero fra di loro, nascosti dall'umanità, e presentandosi ad essa solo nelle notti in cui l'animale prendeva il sopravvento. Da allora le razze in lotta non furono più due, se ne aggiunse una terza forse più temibile delle altre in quanto era nata dall'unione di queste stesse.
All'arrivo del primo millennio, gli uomini ormai stanchi di guerre eterne fra loro e i 'diversi', fecero ciò che avrebbero dovuto fare molto tempo prima. Presero una decisione radicale per confinare questo male in un luogo isolato e abbandonato persino da Dio. Formarono un'alleanza, composta dai principali regnanti e migliori stregoni del tempo, che portava con sé l'ultima speranza. Si decise la costruzione di un Muro, un'invisibile barriera magica oltre la quale non vi era né spazio, né tempo, solo perdizione e peccato.
Si trattava di una semplice parete massiccia, alta poco più di due metri e lunga quanto bastava a rendere sicuro il villaggio, nel quale il tutto avrebbe avuto luogo. Il Muro venne eretto in pochi mesi, con l'accortezza di tralasciare uno spazio vuoto, nel quale inserire la pietra mancante che sarebbe servita a eseguire l'incantesimo. Fu la notte del 7 Luglio 1322, in cui con un atto di coraggio, valso la vita di molti valorosi guerrieri, si riuscì a catturare un esemplare di vampiro ed uno di licantropo. Essi rappresentavano il sacrificio necessario a costituire quella barriera. L'odio fra di loro, fra le loro specie, avrebbe difatti alimentato il sortilegio, relegando entrambe le razze al di là di quella costruzione, liberando una volta per tutte il genere umano.
Il vampiro catturato era un'affascinante ragazza, apparentemente giovane: ella venne rinchiusa nel santuario di una chiesa, costretta a rimanere a distanza ravvicinata dal crocifisso, uno dei pochi metodi conosciuti in grado di indebolirla.
Il secondo prigioniero era invece un giovane licantropo, il quale venne tratto con l'inganno e legato ad una gabbia di ferro, tramite catene d'argento. Questo metallo era il solo che riuscisse a stremare ed infine uccidere quelli della sua razza. Molte ipotesi vennero fatte a seguito di questa scoperta, la più probabile era che, avendo l'argento vincolato l'incantesimo che li aveva creati, esso era anche l'unico elemento capace distruggerli.
Lei aveva una bellezza non concessa a chi era vivo, i capelli corvini le scendevano sulla pelle diafana fino ai fianchi marmorei e le creavano una scura barriera dal mondo esterno che voleva condannarla per sempre all'oblio. Gli occhi, chiarissimi, erano di una limpidezza terrificante. Stava in piedi in quel luogo e non poteva fare nulla se non sentirsi impotente; una sensazione fastidiosa da sopportare e che io immagino non avesse mai provato. Così, con i pugni chiusi, rimase in silenzio fino a che non fu talmente debole da non riuscire più a reagire. Si arrese. Cadde a terra.
Mi venne un'innata voglia di correre ad abbracciarla, come si fa con una bambina indifesa. Mi aveva maledetto con quel suo viso dai lineamenti perfetti e quelle labbra da baciare, rosse come il sangue di cui si nutrivano; e il suo profumo... Ancora ricordo l'aroma che emanava ad ogni leggero sospiro, un misto di incenso e rose, una miscela potente ed eterna.
Lui, un giovane ragazzo leggermente abbronzato, mostrava i suoi muscoli infuriando contro la prigione e sbraitando contro Dio. Ma le catene in argento erano troppo, persino per la sua rabbia. I capelli castano scuro gli scendevano ricci fino al collo, gli occhi neri e sprezzanti riflettevano l'anima agitata e quasi impossibile da contenere. Mostrava con orgoglio una cicatrice sulla tempia destra, un taglio che irregolare scendeva fino alla guancia. Gli avevano insegnato sin da piccolo ad odiarci e il suo disprezzo, certo, non veniva nascosto, ma non importava... In fondo la fine di tutto sembrava davvero vicina.
Ormai ero inconsapevole anche di che ora fosse. Il mio compito era quello di sorvegliarla, di aspettare che stremata si arrendesse, non avrei mai pensato invece di rimanerne incantato. La fanciulla nel santuario mi aveva davvero stregato. La guardavo incessantemente da ore, protetto da una grata: lei, sdraiata sul pavimento in marmo dell'abbazia, respirava a fatica, solo in certi momenti, riapriva gli occhi e riusciva, anche se per poco, a ricambiare il mio sguardo.
Quando suonarono le campane, per avvisare dell'imminente esecuzione, fu come se mi fossi risvegliato
da un sogno, un sogno terribile, ma ipnotico. Mi avvicinai lentamente a lei, non per paura che mi
attaccasse, ma con la speranza di non svegliarla. Lei si fece cogliere come un fiore appassito che ha rinunciato a combattere per sempre. Così, con la testa e le braccia all'indietro, si lasciò trasportare, troppo debole per opporsi.
Per la prima volta, da quando mi ero avviato in questo lungo cammino, ebbi il timore di star sbagliando qualcosa, ebbi timore di farle del male. La sua innaturale fragilità per me rappresentava un pretesto per proteggerla. Non volevo che degli sconosciuti toccassero quel corpo così perfetto, ma allo stesso tempo sapevo che stavo chiedendo troppo.
Non mi era concesso un tale legame.
Ma allora perché non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei?
I capelli neri sciolti sembravano d'argento, colpiti dai raggi di Luna. La pelle bianca e marmorea si illuminò come il fuoco. Colei che avevo in braccio non era un'assassina, ma una stella. Il vestito di seta nero seguiva leggero e perfetto le sue dolci curve, lasciandole scoperta una parte della pelle lucente. Imbarazzato, per pudore, glielo risistemai. Il vento le era amico, con raffiche ed ululati cercava di farla rinvenire, di farla scappare. Ma fu tutto inutile. Sembrava essersi addormentata o infine davvero morta. Eppure la sua espressione era rilassata, in pace, una pace che doveva mancarle da tempo. Che stesse sognando? E se sì, che cosa poteva sognare un essere che viveva di morte?
Raggiunsi il luogo del sacrificio: era stato allestito uno spazio adiacente al Muro, nel quale due gabbie erano state posizionate. In una, il licantropo imprigionato, sbraitava senza tregua; l'altra, ancora vuota, era destinata a lei. L'abazia, in cui avevo passato le ultime ore, osservando la vampira, era situata a poche miglia dalla costruzione. Mentre camminavo, seguendo i due soldati del Re d'Inghilterra che ci erano venuti a prelevare, vidi la folla che si estendeva sino al limitare della foresta, ostacolando il nostro percorso. Altri soldati allora si apprestarono a liberare il passaggio, permettendoci di arrivare al centro di quel cerchio, che si era a fatica creato, formando una specie di arena, dove la calca di persone osservava eccitata l'imminente esecuzione del rituale.
Quando raggiungemmo il cuore dell'area e me la presero dalle braccia per posizionarla all'interno della gabbia, le cui sbarre erano state benedette con dell'acqua santa, mi venne un'innata rabbia. L'ira mi pulsava in petto come un veleno si sparge nel sangue. Mi ribellai.
Non volevo morisse, non l'avrei permesso o mi sarei vergognato di esistere. Cercai con tutte le forze di riprendermela, di stringerla di nuovo fra le mie braccia, di riavere il suo profumo, i suoi capelli, le sue labbra. Tutto inutile. In cinque mi serrarono, mi bloccarono. "È il male che ti sta possedendo, ribellati al demonio!" Fu ciò che mi dissero, ma come potevano ignorare quello che io vedevo in lei? Non riuscii a fermarli, e mentre calde lacrime mi rigavano il volto, l'incantesimo cominciò.

"Lungo la scala che porta all'inferno
canta e balla il male eterno
in quest'ora e in questa notte
finiranno le antiche lotte..."

Non volevo sentire quell'assurdità, era più forte di me. Ma mentre mi sforzavo di non ascoltare, qualcosa cambiò: lei si stava lentamente riprendendo. Non potrei spiegare nemmeno adesso la sorpresa che provai quando vidi i suoi bellissimi occhi incuriositi e sospettosi, le sue labbra contratte in una smorfia di rabbia, il suo corpo ancora debole ma in posizione di difesa.
Il mio sguardo cadeva inesorabilmente su di lei, ma purtroppo era arrivato il momento di accorgersi che non sarebbe mai stato ricambiato. Le sue attenzioni adesso erano rivolte verso colui che per tradizione le era nemico: il licantropo alla sua sinistra.

"Lungo la scia della chiara luna
segno di morte si fa la runa
e come il sole crea il futuro
noi creiamo questo sacro Muro..."

Con un nuovo sentimento, notai la sua presenza; ma in lui c'era qualcosa di diverso. I suoi occhi non erano iniettati di sangue, non erano quelli di un licantropo infuriato. Come lei, anche lui iniziava a provare una certa curiosità. Non ci potevo credere, erano attratti l'uno dall'altra. Il loro era un legame contro natura, rafforzato dal fatto di essere stati le vittime prescelte di tutto ciò, ma solo ora capisco che le emozioni che li tormentavano erano più che legittime.
Il mio compito era stato assolto, avevo condotto la vampira davanti al Muro, eppure mi sentivo insoddisfatto e soprattutto sempre più legato a lei. Avrei dovuto provare il naturale istinto di starle lontano, invece ero affascinato da quella meravigliosa creatura, tanto da provare quasi invidia per il giovane che le stava affianco. Volevo essere nella sua stessa condizione per poterla consolare.
Poi accadde l'impensabile: il licantropo, dapprima titubante, rivolto verso la vampira, disse: "Vedrai che la pagheranno per tutto quello che stanno facendo, presto o tardi ci vendicheremo e allora sarà una strage." Pronunciò queste parole, stringendo forte i pugni, e per qualche istante provai paura per quell'improvvisa sicurezza. La vampira non rispose, lo guardò semplicemente, poi chinò il capo e sul suo volto si dipinse un sorriso, un sorriso crudele e minaccioso.
Arrivò il momento decisivo: due sacerdoti si avviarono uno verso la gabbia della vampira, l'altro verso quella del licantropo. Fra di loro, uno stregone custodiva la pietra mancante del muro.

"Lungo la spinta del freddo vento
taglia affilata la lama d'argento
così come agita il mare mosso
si tinga la pietra di sangue rosso..."

A queste parole, il primo sacerdote procurò una ferita sul palmo della mano del ragazzo, sangue rosso bagnò la terra. Lo stregone si avvicinò e ne fece gocciolare un po' sulla pietra del muro.

"Lungo la via del nostro impegno trapassa il cuore il paletto di legno
cola il blu, formando il viola
sia la fine con questa parola."

Lo stesso venne fatto a lei, ora la pietra le era di fronte. Il sacerdote la costrinse a stringere il pugno sulla lama, lasciando che qualche goccia del suo sangue blu si sovrapponesse a quella rossa del licantropo. Le due macchie si unirono in un minaccioso color viola.
Il cielo blu scuro era rischiarato dalla luna pallida e incompleta. Le miriadi di stelle mi sono ora testimoni quando dico che ciò che si vide quella notte fatata non ricapiterà più. Sembrava un sogno o comunque solo fervida immaginazione. I ricordi ormai son vaghi e persi, ma l'incredibile visione che mi si presentò è impossibile da dimenticare. Lo stregone, dopo l'incantesimo, ripose delicatamente la pietra nel posto a cui era dedita e così il tutto ebbe inizio.
Il cielo cominciò a tuonare, una brezza gelida spirava fra le nostre ossa facendoci rabbrividire... Ed eccole arrivare. Da ogni lato del mondo, da ogni confine, da ogni terra lontana, come meteore sfrecciavano veloci nell'arcata celeste; un insieme d'incandescenti masse blu e rosse, tutte con un unico scopo: sorpassare il muro ed abbattersi al di là di questo, in una pianura che presto assunse l'aspetto dell'Inferno. I crateri ove cadevano queste luci si riempirono di fiamme e presto anche di urla.
I licantropi, infuriati, si lanciavano contro la costruzione, ma essa li rifiutava e come una barriera trasparente li respingeva a metri di distanza. I vampiri si alzavano in cielo saltando, ma così in alto che sembrava volassero, cercando di superare l'insuperabile. La barriera era indistruttibile.
Erano rimasti solo il giovane licantropo e la bella vampira. Nessuno sapeva perché, ma l'incantesimo li aveva risparmiati. Costretti ad uscire dalle gabbie, si videro circondati da un esercito di soldati. Lui ringhiava contro i dieci cavalieri che si erano avvicinati con spade alla mano e il cui intento era chiaro. I suoi occhi brillavano di una scintilla intensa, sfoderò gli artigli e si preparò all'attacco. All'inizio mi ero concentrato solo su lui e non avevo notato una cosa completamente inusuale. Egli tremava, aveva paura, ma non di ciò che avrebbero potuto fare a lui, si preoccupava per lei. Le si pose davanti, ma ovviamente ella si sapeva difendere da sola, in fondo era pur sempre un vampiro. Sorpassò il licantropo e, facendo spuntare i canini argentei, si avventò sul primo umano. La lotta fu dura e sanguinosa; erano forti, molto, ma non erano invincibili. Il numero dei cavalieri non cessava di aumentare e per la ragazza ed il giovane licantropo, ancora deboli, erano davvero troppi. Vennero accerchiati con le armi puntate addosso e la Morte al loro fianco. Per prima partì una freccia indirizzata al cuore della fanciulla; il licantropo, con uno scatto felino, le si pose davanti e venne colpito ad una spalla. Cadde in ginocchio e la ragazza si accasciò al suo fianco coprendogli il volto con i capelli scuri. Una spada arrivò spietata a concludere quell'istante proibito, ma non abbastanza veloce da porre fine alla questione.
Un uomo, con le lacrime agli occhi, aveva appena trafitto il cavaliere che si era lanciato all'attacco. Ansimando poi, si avvicinò ai due. Con la torcia che teneva in mano, appiccò un fuoco attorno a sé e agli esseri, l'erba secca divampò rapida, spaventando la gente ed i cavalli. Le urla della folla si levarono distraendo i combattenti e lasciando la possibilità al monaco di salvare a entrambi la vita, aiutando la vampira a trascinare il licantropo ferito al di là del Muro. Non avevano altra scelta, non potevano fuggire, non così deboli e con un intero esercito al loro inseguimento, quindi preferirono raggiungere i loro simili, preferirono fuggire in quel luogo ostile, certi che, almeno per quel momento, esso rappresentava l'unica via d'uscita. La barriera si aprì, come ansiosa di inghiottirne altri due. Attraversata questa, la vampira si voltò e, con un sorriso, ringraziò l'unico umano che avrebbe mai risparmiato...
E mentre quel sorriso splendeva nell'oscurità, una luce accecante avvolse la muraglia. Chiusi gli occhi e quando li riaprii davanti a me non vi era più né l'inferno né il dolce e tenue ringraziamento. Solo una distesa pianeggiante infinita.
Il loro mondo era stato sigillato e si credeva per l'eternità. Quando la folla e le fiamme si furono attenuate, tutti i cavalieri partirono all'assalto del traditore; ma non vi era nulla se non l'oscurità e il silenzio.
Il monaco era fuggito.
Io ero fuggito, consapevole di non poter più tornare, ma di aver fatto finalmente una cosa giusta e che soprattutto ritenevo giusta, e se questo mi sarebbe costato l'inferno, ci sarei andato con la speranza di rincontrarla.


Allora come vi sembra? Ci farete un pensierino?
Vi ricordo che il romanzo è disponibile sia in versione digitale che cartacea e potete tranquillamente trovarlo sui maggiori store online!


E infine un po' di link per voi:
La pagina Fb

L'account Twitter

Il blog ufficiale

E la mail con cui contattare le due autrici!

Etichette:
  • Condividi:

0 Commenti

Se non volete lasciare un commento ma il post vi è stato utile… schiacciate G+ e condividete il post <3